Progetti complessi, programmi complessi, sistemi complessi: il richiamo continuo alle condizioni di un’irriducibile complessità sembra caratterizzare la condizione contemporanea, ed emerge con insistenza nel lessico comune di architetti ed urbanisti. Sembra che il progetto si sia fatto, di colpo, tutto complesso nella contemporaneità.
Sembra al contrario che l’orizzonte culturale di questa nostra stagione contemporanea non sia tutto complesso, almeno per quanto attiene alla sfera dell’attività della progettazione. Da un lato possiamo constatare una domanda per progetti in grado di governare situazioni, e programmi ed aspetti di crescente complessità; dall’altro dobbiamo riconoscere una domanda per progetti in grado di affrontare la sfida del confronto con il banale ed il quotidiano.
In alcuni casi tuttavia il termine di complessità, e di progetto complesso sembra appropriato ed indicatore di un orizzonte davvero inconfrontabile con quello dell’antica modernità.
La tesi che si intende sostenere è che in questi casi, quelli cioè nei quali è legittimo utilizzare l’attributo di complesso per definire il progetto, il sovraccarico di argomenti, e di questioni e di problemi, cioè appunto la complessiva complessità del progetto, sia alimentata dalla confluenza di tre distinti ambiti di complessità.
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